Incontro Perseo in una glossa di Graves,
arcobaleno di albionica saggezza
sulla mortificante filologia
di una deprimente tradizione
mal rabberciata in questi ultimi decenni
che ha trascorso il mio Genere nei rischi
di catastrofi immani congegnate
con stupida masochistica acribia.
E calco le peste di Perseo in più degne imprese,
mi attento a tempestiva ammonizione
del titolo che merita la sua gesta.
Perseo
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“Epefnèn te Gorgòna, kài poikìlon kàra
drakònton fòbaisin èluze nasiòtais
lìzinon zànaton fèron…” (1)
…e poi, mentre superava da nord la costa
della Filistria, vide una donna ignuda
incatenata a uno scoglio presso il mare,
e subito fu preso d’amore per lei.
Era essa Andromeda figlia di Cefeo,
il re etiope di Joppa, e di Cassiopea.
La madre si era vantata un giorno che
neppure le Nereidi cilestrine
avrebbero potuto reggere in gara
di bellezza e di grazia con lei e la figlia.
Offese per l’oltraggiosa protensione
e per la temeraria conclusione
avevano fatto appello a Posidone,
allora, le Nereidi; e il dio del mare
aveva flagellato quel paese
con mareggiate furiose, incursioni crudeli
di un mai prima veduto mostro marino.
Cefeo, allora, sconvolto, consulta l’oracolo
di Ammone; e impone l’oracolo che Andromeda,
esposta nuda e ingioiellata, sia
abbandonata e offerta in pasto al mostro.
Scaltro si accorda Cefeo con Perseo che
a Perseo tocchi Andromeda; premio, se
Perseo la libera, dell’impresa ardita
che infatti l’eroe compie …”
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Bellerofonte
Ma poi imbriglia Pegaso, cavallo alato
balzato su dal tronco della Gorgona,
Bellerofonte, presso la fonte Pirene;
con un finimento aureo, dono di Atena.
Serve Iobate di Licia, uccide il Mostro
dal pestifero alito, mistura infida
di leone di capra di serpente: Medusa; (2)
combatte i bellicosi Solimi, le Amazzoni,
alto volando fuori dal tiro delle loro frecce.
Poi quando, tradito dal regale ospite,
invoca Posidone, e il dio scatena
le acque dello Xanto in paurose ondate,
scorte le donne xantie offrirsi a lui
succinte e terrorizzate, forse invasate
dall’erba hippomane o dal liquido vischioso
di cavalle in calore, china il capo,
eroe misericordioso, e si ritrae…
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San Giorgio
Infine, quando da dietro una nube vedo apparire
di nuovo un cavallo alato e il cristiano San Giorgio
ancora una volta un Mostro affronta
e in una ancora martoriata Beirut (3) libera
una regale fanciulla sequestrata dal Drago:
“Ancora la Gorgona – strepito – ancora
la Chimera proterva e deludente, mostro
recidivo, gestore di gelosia, invidia, forse?…”
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Vegliardo incompreso, disinvoltamente privato
di qualche merito e credito (oh, ma sapiente
di questo: che il registro del mio dramma,
che il tono del mio poema, intralciano
la vostra ordinaria acquiescenza
a quello che i Despoti impongono!…)
a piede del foglio su cui lo ritraggo, il Santo,
traccio, tramato di esperienza e studio,
il motto che il saggio impulso sincretistico
mi impone:
“…Ma se, indotti
da fourieriana scepsi, vi induceste
a interpretare la leggenda come
mascheratura pudorale della
redenzione di un erotismo femminile
– o maschile, o anche androgino, o ermafroditico…-
assurdamente segregato, stivato in ghetti,
in ginecei, in harem, sorvegliato
da esangui, invigliacchiti eunuchi, fustigato
da luridi maneggioni della tratta,
schifato dai sonnacchiosi abitudinari,
la pensereste perciò meno apprezzabile
l’impresa di quegli eroi, di quel vostro Santo?…”
Per me essi sono Araldi del Dio che ammonisce:
“Prestate soccorso a quanti i Despoti Clanici
vietano effondere naturali impulsi e aneliti!…”
Oh, sì: “Emòi de zaumàsai zeòn telesànton
udèn pote fàinetai èmmen àpiston…(4)
Nulla mi pare incredibile, mi fa meraviglia,
di quello che il Dio esige!…”
(Cori, Fontana Mandarina, maggio 2004)
(1) (Pindaro, Pitica X, 46-48): “…uccisela Gorgone e tornò portando la testa ornata di serpi, la morte di pietra…”
(2) (Esiodo, Teogonia,319 segg.; Pindaro, Olimpica XIII, 63, segg.
(3) Secondo una tradizione locale una cappella trasformata poi in moschea, a Beirut, segnerebbe il luogo in cui sarebbe avvenuto il confronto tra San Giorgio e il Drago; quella architettura, e il paesaggio circostante ad essa, sono anche rappresentati in icone orientali dei secc.XVII e XVIII.
(4) (Pindaro, Pitica X, 48-50): “Niente mi meraviglia, niente mi pare incredibile di quello che compiono gli dèi”