Tra afa intempestiva e stridente bufera
la nostra ventisettesima campagna
olivicola. S’informa un’altra cantica
del corposo poema di poesia agita,
manuale, podale, inerpicata
su branche solide, flessa sulle zolle
màrcide; le roride minuzie
dei frutti tonfi e sillabe di un verso
smisurato nella gragnuola generosa.
Come anonimi cercatori di pepite
in una miniera di cui sia ignoto il donno
andremo in marcia cauta con lento passo,
terremo condotta assorta, parola scarsa,
attenti ad orientare occhio e orecchio
lungo le prospettive imposte o casuali
dischiuse da mille penduli diaframmi
tra barbaglii solari e opache lame.
Romiti, anche compiaciuti del sequestro
udiamo aleggiare insistenti dal clivo ombroso
della collina prossima i richiami
di ciarlieri fagiani (sappiamo chi li ha
laggiù nutriti ammodo in civili recinti;
poi li sospingerà, per scialo di qualche
frenetico omicida, in fugace illusoria
libertà…); e in quel loro farfuglio
riscopriremo Cassandre inascoltate…
Ma quando esporrà una pianta frutti fitti
le nostre mani invaderanno la sua fronda
con la lascivia con cui una banda di lanzi
irrompe nel recinto delle novizie.
E poi si dia che a sera le nostre dita
così bene addestrate alla presa e al tratto
ricompongano nella domestica penombra
quel do maggiore di Johann Sebastian Bach,
quel do maggiore di Frederik Chopin:
là l’arpeggio armonioso gravido di tutte
le melodie, le anteriori e ormai remote,
le antiche, le nostrane, le evenienti,
qua la serica trama rutilante
della passione tesa fino a una acmè
stridula, e poi stremata e, infine, giacente.
Meravigliosa invenzione fece chi
riuscì a tradurre con segni su carta
ciò che, nell’aria invisibile, colpisce l’orecchio,
il nostro essere coinvolge in imprese stranianti!…
Per questo, forse, nel foglio che avrò dinanzi
fitto di assaggi cromatici e di segni
spiccherà, tesa nel glorioso passo,
questa mia Erma-Nike mentre incede
tra gli sfasciumi di una espugnata rocca,
creatura anacronistica, per voi inutile
(le curve che la concludono hanno esiti araldici,
attestano antico prestigio e ben gestito…);
e quest’arte totale dunque implosa
nel modesto recinto del mio eremo
(entità che si dona, ma non si vende!…)
vorrete confrontare con la vostra
loquace cantilena, poesia cartacea
imbastita distante da esatte prove.
(18 ottobre 2003)
