Mi desto all’alba nel mio romito covo,
nel silenzio guardingo dei silvestri;
e subito trasportano lontano,
verso i giacigli di città fumose,
i focosi destrieri del mio sogno
travagliato, il feroce mio pensiero.
Terribile è il pensiero; il pensiero scuote
le coltri sudaticce dei rassegnati
alla misura avara del piacere,
alla compita parabola del come durare
sotto lo sguardo di draghi sospettosi,
e segna con protervia temeraria
dure impronte su zolle labirintiche
che la diurna solerzia degli urbani
ogni giorno ricopre rassegnata.
A un balcone guarnito di piante anemiche
si abbranca; e scruta oltre le tendine,
e scorge i corpi accovacciati in pose
scomode e irrequiete; e così li apostrofa:
“Male ti nutri, e per questo tracolli
ogni giorno, al tramonto, in torpido sonno!…”
Si cala in un androne fatiscente,
e vede uscire ansante la sgualdrina
discinta, e la rimprovera: “Perché avvilisci
la amena vocazione del tuo sesso?…”
Incontra in un cantone il dilettante
ambulante, e lo scuote con aspra grinta:
“Ti lagni per l’angustia del tuo presente,
ma sai che ciascun presente è stato un domani?…”
Sorprende nell’eccelso bureau vetrato
il despota che schiavi attorniano, e strepita:
“Occupi un posto lucroso, ma disponi
del tempo che occorre a scrutare il tuo trascorso?…”
Poi, preso abbrivio, strepita dall’alto
alle folle ormai deste e impermalite:
“Inerpicatevi tra Lerici e Turbia
con destro piede, come un qualunque Dante!
Come un qualunque Shakespeare date saggio
di scenica bravura, in un teatro
modesto tessendo imprese temerarie!…”
Infine, in tale atmosfera la stessa lingua
parlata si restringe in pochi nessi
vocali e consonantici; risuonano –
come la corda sonora del primo esordio
nella vita – la rima, l’allitterazione,
la trepida assonanza, il bisticcio labiale
e quello gutturale, il gesto protende
bene il pensiero su tutta la persona!…
(Giovedì 24 gennaio 2002)