Dico – ma con fatica rassettandomi
abito, aspetto, e tono di uno scettico -:
“Sarà appena forse in te ora emersa
vaga memoria di lettura antica
di un sonetto di Shakespeare; e così tenti
di convincer qualcuno che è tuo l’aforisma
persino adatto a melliflui adescamenti:
‘Ciò che infine l’amante dona all’amato
ad alcun altro del consorzio umano
lo sottrae. Era da sempre nel suo cuore
riposto, in tenace attesa dell’amato;
e quando è entrato nel cuore dell’amato
invano a quella porta il tempo strepita
mentre rifulge di luce memorabile’ “
E’ come quando talvolta bene avverti
che forse stai trascorrendo troppe giornate
di inutile commercio di parole
e di gesti con gente inaffidabile;
e poi si snoda improvvisa, nella mente,
la curva ardita di un poema convincente
né può infrenare alcun rispetto umano
il suo fluire come rivo alpestre!
(Cori, 18 febbraio 2005)