A un tratto del tuo corso emozionale
ormai distante da domestiche ansie
e idilli scopri che al personaggio infine
stai, entro un fosco autunno, attribuendo
quella meteoropatia da cui eri stato
ben tartassato in decenni dopo l’infanzia.
E poi che questo ha reso la tua poesia
utile almeno a chi si intenda a leggerla
dopo serrata l’imposta al vario strepito
dei jongleurs epocali, alle maliarde
frizioni degli Effimeri, ai droganti effluvi
di Occulti Persuasori stanziati in pretorio,
di acidi Bacchettatori in cornu epistulae…
Se entra nel dettatola Salariata
esausta e irsuta mentre attraversa, come
ogni giorno da anni, le stesse vie
della metropoli nel rione in cui
ha residenza la casta avara e ricca;
e un Folle arranca, e declama a squarciagola
trance di un suo poema fantasioso
e intanto pudiche ammissioni dell’abisso
nel quale precipitando vala Storia
orientata dall’uomo una Umanità
idiotizzata formalizza, ancora
sul ring ripresentata, a dar spettacolo…
(Giovedì 1 febbraio 2007)