a Massimo Pompeo

                                                        dopo assaporato ‘ex tabulis maritimarum’…

 

Ah, Massimo Pompeo, questi tuoi cognomina

che in classica grandiosità risuonano

mentre con opera insonne perseverando

sporgi il volto barbuto – ma: sorridente!…- di Vulcano

protendendoti sopra il tavolo o il torchio

dal tuo antro percorso dai bagliori

della fucina in perenne alimento!…

Là sorgono a vita le tue ‘carte nautiche’

dove sottili linee solcano tinte iridescenti,

il legno palpita come lava emergente,

l’esperta mano il favoloso rende concreto:

terre che si dislargano nel mare,

mare che circuisce e rastrema le terre,

Europa che coglie fiori sui prati di Tiro

e Giove che, invaghito di lei, mutato in torello, l’abbranca…-

il Dio che dialoga con la sua sakti, Shiva con Durga?…-

 

Così il tuo gesto in me ridesta il ricordo

di quella mia giovanile segregazione

spontanea, nella casa al mare – quella che

la trancia urbana del familiare clan

per uno stizzoso capriccio disertava…- e

di quel mio autoritratto a penna in posa orgogliosa

che in splendidi meriggi vi tratteggiai,

con temerari versi in margine – inconscio groviglio

ammaliante, rifletto oggi, di logica tantrica?…-,

ma anche del misterioso ‘cenno’ che,

– nella tregenda del mio corso maturo –

dalla cima pietrosa del Monte Lupone,

scorsi volgermi Ulisse dalla rupe del Circeo

in uno splendido mezzodì di aprile…

Dunque ora so perché avviene e come avviene

che ci si offra concreto il favoloso!…

 

(Cori-Fontana Mandarina, 14 marzo 2012)