Dietro di noi è restata l’Utopia,
tramata entro dialettiche zoppicanti
in ingenue espansioni sentimentali;
ed ora tentiamo l’utile, non l’attraente,
leggiamo con sorriso divertito,
in biblioteche ben sterilizzate,
pagine ròse o ammuffite di Charles Fourier…
Ci fu un tempo in cui il reale maturava
con naturale lentezza. Dipingevano
i pittori ritratti e panorami,
fisionomie e paesaggi maturavano
senza temere appassimento o intrighi
di cerebrali pretesti o sociali profitti.
I musicisti confidavano nei motivi
robuste analogie del momento e del luogo
eloquenti per tutti, convincenti dovunque;
i poeti, compiaciuti del conforto
immediato di trepide parole,
spingevano l’opinione in alte volute,
i ricatti teocratici in fantastiche sfere…
Quante volte un Monet avrà chiesto con garbo:
“Lasciate ancora, vi prego, su quel tavolo,
quegli oggetti e quei frutti che la vostra
esistenziale incoscienza ci ha accalcato.
Non ho ancora ben chiare le velature
che ben manifesteranno la mia intenzione
nella tela in cui li ho precipitati…
(Martedì, 11 dicembre 2007)