Marchio che sul mio animo di fanciullo

impresse la naturistica fascinazione,

il quotidiano tripudio della gente di Borgo,

vitale di estemporanei impulsi, persino

brutali contro i retaggi mattutini

di solitarie fantasie, di idilliaci sogni

in cui l’immagine materna risolveva drammi.

 

Megere accoccolate sugli scranni

di legno e paglia, per intere mattinate

interi pomeriggi spettegolare, tessere,

sorvegliare marmocchi in giuochi rustici,

riprenderli volgarmente, farli bersaglio

al tiro di una loro fetida ciabatta.

Allegri carrettieri travasare vini

provenendo da leggendari colli

e mescerli con facezie grossolane

su gente e cose incontrate per via.

 

Figure che il me fanciullo palpeggiava

inconsciamente già con le palme aperte

delle mani e che già nei loro solchi

traevano sostanza per tradursi

in personaggi nel quadro raffaellesco

dell’Incendio, nel vortice frenetico

del Trittico sonoro berlioziano.

 

Sorrido ora al ricordo del satanico

sberleffo con cui il monello inerpicatosi

dalla strada sulla grata della finestra,

irrise quell’infantile scolaresca

di cui già mi sentivo alfiere compunto.

Sorrido di quella paurosa comparizione

che fece in un mio notturno febbrile incubo

imprecando mio padre, seminudo e

in equoree distanze, sommative

di palpiti personali e di ancestrali

esperienze diversamente scarificanti

altri sensi in difformi inclinazioni

della luce solare, nella trama

dei voli rondineschi, degli effluvi

odorosi precisi in scadenze lunari;

tavola pitagorica l’intonaco ocraceo

del muro opposto di un angusto vicolo.

 

Avere sorpreso in un libro il minuto disegno

di te, Empedocle, precipite nell’abisso

mi fu già allora lezione persuasiva

che quando ti possiede orgiastico amore

della natura sei destinato a dramma;

che scontrerai il vicino col tuo parlare

e il tuo scrivere, il tuo accudire al corpo

e alla mente con una ascesi quotidiana

indifferibile, esatta e scrupolosa,

insonne; che la tua tragica deriva

potrebbe un giorno irridere la madre

già stata vertice ardito di impulsi incestuosi.

 

(11 aprile 2005)